Intervento di Alessio Lana che scrive per Corriere della Sera, Wired, Linkiesta, Style
Quella del giornalista rimane una professione stimolante e divertente anche se, a dire il vero, sta cambiando parecchio. Rispetto a 20 anni fa, sono in molti oggi a lavorare esclusivamente con il computer, senza incontrare le persone di cui parlano e senza venire a contatto con i fenomeni che descrivono. Ne nasce quindi un certo inaridimento della professione. In compenso oggi si possono usare numerosi mezzi per conoscere realtà che altrimenti sarebbero irraggiungibili.
Come passare dal cartaceo al digitale?
Non è facile rispondere. La carta ha ritmi di lettura più lenti, si è meno distratti di fronte a un giornale e credo che le informazioni vengano recepite meglio. Si ha insomma più tempo per pensare e ci si può fermare a riflettere senza cadere nella tentazione di leggere qualcos'altro, rispondere a una mail e controllare Facebook nel giro di pochi minuti. D'altro canto però il digitale ci aiuta a espandere la nostra conoscenza con i link e a creare una Rete di articoli che va poi a costituire una storia molto più estesa.
In molti dicono che il buon giornalismo si paga e io sono d'accordo. Qualcuno deve pagare per la prestazione offerta e se non sono i lettori temo che i finanziatori diventeranno le aziende, ovvero la pubblicità. Un brutto scenario che sarebbe meglio evitare. Come alternativa c'è il crowdfunding: lettori che si mettono d'accordo e finanziano un dato giornalista affinché sviluppi un certo argomento. La formula è molto interessante anche se finora poco diffusa.
L'articolo scritto "prende vita" nelle reazioni sui social o piuttosto è vero che l'interazione con i lettori concorre alla creazione dell'articolo?
Entrambe le affermazioni sono vere. Senza lettori un articolo è morto, è come se non esistesse e grazie a loro spesso si riescono a trovare nuovi spunti, altre idee, eventuali modifiche o omissioni. Il giornalista è al servizio del lettore che, interiorizzato il messaggio, reagisce dandogli credito o meno. Il bello dei social è che si può toccare con mano l'appoggio del lettore, si ha la prova di aver ricevuto la sua attenzione, un bene oggi molto raro.
I requisiti fondamentali per raccontare gli sviluppi della tecnologia in modo utile
Primo tra tutti, stare attenti. La Rete è colma di rumore, bufale e notizie forcaiole al pari di spunti interessanti. Spesso la differenza si fa labile e nel caso della tecnologia si ha a che fare con delle aziende molto potenti, in grado di polarizzare il pubblico: basta guardare ai sostenitori di Apple o a quelli di Android, chi preferisce la PlayStation e chi punta sulla Xbox. Il giornalista hi-tech deve cercare di essere equidistante, parlare di questi fenomeni senza schierarsi per partito preso ma cercando di cogliere i diversi aspetti di ogni azienda, idea, prodotto.
Lavorare per più testate
Avere più interlocutori porta ad essere più flessibili, a ragionare sulle loro differenze sia a livello di azienda che di pubblico e ad adattare il proprio stile. Su diverse riviste non c'è bisogno di spiegare determinati termini tecnici, su altre è di fondamentale importanza. L'impegno insomma è molto maggiore, la fatica aumenta a livelli esponenziali, ma si ha anche un grande arricchimento a livello mentale. L'adattamento dopotutto è ciò che contraddistingue l'evoluzione della nostra specie.