Tuesday, October 13, 2015

Osmosi: come sfruttare le innumerevoli opportunità offerte da processi irrituali.

Per decenni nella promozione di un prodotto o servizio, pubblicitari e venditori hanno utilizzato l'aggettivo “esclusivo”. Un prodotto esclusivo è attraente, desiderabile, poterlo acquisire è una fortuna e, certamente, sarà un vantaggio per lo status sociale di chi lo possiede. Eppure, se ci riflettiamo un istante, poche parole sono odiose come “esclusivo”. In un certo senso si può dire che la generica formula “meccanismo di esclusione” sintetizzi tutte quelle pratiche che oggi, con sempre maggior vigore, la società sente di dover avversare ed eliminare. La parola esclusivo e tutto il mondo di significati e valori che si porta dietro, è destinata ad una fortuna sempre minore a favore del concetto opposto: l'inclusività. 

Nel sentire comune l'inclusività è un valore, ma nell'ambito aziendale è spesso percepita come il forzato e, sostanzialmente antieconomico, inserimento in una struttura produttiva, di elementi che una prassi conforme al buon senso, terrebbe alla larga. Qualcosa di non molto diverso da un regalo che si elargisce a chi è meno fortunato. L'inclusione sarebbe, dunque, una scelta che premia l'etica, ma danneggia la produzione. Chi viene inserito in un'azienda in forza di un'ottica inclusiva, trova un lavoro, ma non la soddisfazione di essere utile e produttivo. 

Ancor più importante, il concetto di inclusività è solitamente ridotto a dinamiche che coinvolgono poche categorie chiaramente identificate come penalizzate (donne, diversamente abili, omosessuali, etc.) come se, eccezion fatta per gli appartenenti a queste categorie, la circolazione di individui ed idee nella vita di un'azienda fosse perfettamente fluida. L'inclusione e l'esclusione non riguardano poche categorie discriminate, al contrario, sono una filosofia di vita, un'abitudine di pensiero che si applica ad ogni aspetto della vita di un'azienda. La prassi della chiusura o quella dell'apertura, della discriminazione o non discriminazione, sono estremamente pervasive e finiscono per impregnare tutte le dinamiche che coinvolgono sia le persone che le idee o risorse. 

In natura vi è un processo chiamato osmosi che fa sì che un sistema permeabile, naturalmente attragga le sostanze delle quali abbia una concentrazione troppo bassa. Al contrario, membrane impermeabili impediscono a questo processo spontaneo di compensare naturalmente le carenze e le eccessive concentrazioni di sostanze. Anche nel mondo animale osserviamo stimolanti casi di flussi osmotici. Il caso più noto ed interessante lo cita Zygmunt Bauman: le vespe di Panama. Le vespe di Panama cambiano alveare con grande facilità: quando un alveare ha un esubero o una carenza di individui, un flusso assolutamente spontaneo di vespe compensa questo stato di cose. Nota Bauman come nessuna vespa regina coordini ciò e come le vespe che giungono nel nuovo alveare siano immediatamente integrate senza alcuna discriminazione.

Anche nella società umana accade qualcosa di simile: le persone e le idee circolano e si influenzano a vicenda e non come evento diretto e preordinato da qualche autorità, ma come fenomeno del tutto spontaneo. Tuttavia l'apparato gerarchico e l'organizzazione produttiva di un'azienda possono determinare chiusura e diffidenza verso questi processi naturali. E' ovviamente indispensabile che un'azienda abbia una sua organizzazione produttiva, tuttavia, paradossalmente, questo può determinare il pesante costo di bloccare processi spontanei di circolazione di idee e relazioni che, proprio per un'impresa, sarebbero profondamente utili. Negli ultimi decenni, un numero sempre maggiore di studi ha sottolineato da prospettive e con intenti diversi, come la spontaneità, l'irritualità dei processi che potremmo definire osmotici, ha una grande utilità per aumentare l'efficacia dell'azienda.   Un'impresa deve avere pareti che ne sostengano il soffitto, ma deve allo stesso tempo impegnarsi a far sì che queste pareti siano “pareti permeabili”  cioè che non blocchino quei soggetti ed idee atipiche ed estranee  rispetto alla struttura e le proprie prassi consolidate che spontaneamente entrerebbero nella propria orbita. Non discriminare individui, idee, relazioni, situazioni è, come vedremo, non solo una pratica etica, ma anche estremamente utile. Adoperarsi per rimuovere tutte le membrane impermeabili che si oppongano a questa osmosi è, dunque, indispensabile. 


Produzione collaborativa

Nel libro Wikinomics: How Mass Collaboration Changes Everything, gli autori teorizzano un nuovo modello economico del quale Wikipedia ed il progetto genoma umano sarebbero solo gli esempi più noti. Gli autori riprendono la Legge di Coase (un'azienda tenderà ad espandersi fino a quando il costo di organizzare una transazione in più all'interno dell'azienda eguaglia il costo della medesima operazione sul mercato) e sostengono che con i costi di comunicazione e scambio di dati praticamente azzerati dal web, si moltiplicano i casi nei quali “diffondere” ed aprire la produzione all'esterno è vantaggioso. Il libro cita molti interessanti case history al riguardo che dimostrano come una produzione “diffusa” sia spesso la scelta vincente, tuttavia un'azienda che non ha nel proprio DNA l'abitudine a guardarsi intorno ed ad essere sempre sensibile e reattiva alle persone e le idee che si muovono all'esterno di essa, sarà materialmente impossibilitata a cogliere queste opportunità. 


Ponti insospettabili

Nell'ormai celebre articolo “La forza dei legami deboli” Granovotter spiegava come sia possibile che ogni individuo sia connesso ad ogni altro sul pianeta da soli sei gradi di separazione. Lo strumento che consente al mondo delle relazioni interpersonali di essere così “piccolo” sono i legami deboli. I legami forti (quelli con i parenti e gli amici e colleghi più cari) sono umanamente importanti, ma quasi inutili sul piano dell'estensione della propria rete di relazioni. I legami forti formano microtribù chiuse. Se viene meno un legame forte ciò non cambia quasi nulla nel proprio network, infatti si potranno raggiungere le medesime persone tramite altri legami (se vien meno il legame con un individuo appartenente alla cerchia dei miei amici più cari, io non perdo il legame con tutti i suoi amici, perché saranno quasi tutti anche amici miei). Nelle microtribù dei legami forti, per andare dalla persona A a quella B ci saranno più vie, ragion per cui nessuna è indispensabile e tutte son ridondanti. I legami deboli (quelli di semplice conoscenza) ci legano con mondi lontani: se perdo il legame con il mio compagno d'università straniero, perdo irrimediabilmente tutto quell'universo di legami a cui lui mi connetteva. Ecco perché sono i legami deboli a rendere le reti estese. Granovotter nel suo articolo  dimostrava che tra un soggetto che ha prevalenza di legami forti ed uno che ha prevalenza di legami deboli, paradossalmente ha più probabilità di trovare lavoro il secondo. I suoi tanti legami deboli rendono la sua rete particolarmente estesa e lo pongono a pochi gradi di separazione dal suo potenziale datore di lavoro. E' importante rendersi conto che un discorso simile vale per le aziende. Un'azienda con pareti impermeabili, che cura solo i rapporti indispensabili (clienti principali, soliti fornitori, partner consolidati) ed inibisce quelli con soggetti apparentemente ininfluenti, si autoesilia dal caotico ma fertile flusso del business, aumentando i gradi di separazione che la connettono a potenziali clienti e talenti utili. Anche per questo motivo, rimuovere le barriere impermeabili che bloccano l'osmosi discriminando i rapporti sulla base un un presunto efficientismo, è vitale. 



L'osmosi all'interno del gruppo e nei gruppi fluidi 


Un aspetto molto rilevante di questa analisi riguarda la cosiddetta intelligenza collettiva.  E' ormai noto che l'intelligenza collettiva “C” di un gruppo non deriva dalla sommatoria dell'intelligenza individuale “IQ” dei singoli membri. Secondo gli psicologi del MIT, Carnegie Mellon, e Union College, gruppi assumono un carattere proprio che è distinta dalle singole nature dei loro membri.  Un'impressionante mole di studi  di questi ricercatori a cercato di individuare quali siano i paramatri in grado di determinare la “C” di un gruppo. Dimensioni della squadra, premi e punizioni ed altri parametri simili contavano assai poco. Imprevedibilmente c'è un test che può prevedere la “C”, ecco qual è. Si mostrano ad un soggetto le foto degli occhi di alcune persone e gli si chiede quale sia il loro stato d'animo. I gruppi i cui membri eccellono in questo test hanno la C più alta. In definitiva la C è soprattutto influenzata dalla capacità di essere sensibili all'altro. I ricercatori sostengono che c'è un modo ancora più semplice per predire il valore di C ed è osservare le riunioni: i gruppi nei quali tutti parlano sostanzialmente per lo stesso tempo, hanno una C molto più elevata di quelli nei quali due o tre parlano quasi tutto il tempo. Anche in questo caso la discriminazione sulla base dell'importanza in azienda o magari solo dell'arroganza, si rivelano perdenti rispetto ad un approccio che non trascura nessuno. E' utile notare come il medesimo principio valga anche in quei gruppi “occasionali” nei quali uomini dell'azienda si trovino ad interloquire o a collaborare con  chi vi è esterno. Se si evitano polarizzazioni “noi-voi” questi gruppi saranno più efficienti nell'attività al momento svolta e nel creare legami proficui per il futuro.


Misurare il livello osmotico di un'azienda

Tutti questi studi sono molto suggestivi ed utili, ma è possibile misurare e quantificare quanto un'azienda riesca a valorizzare l'empatia tra i suoi uomini? La cura ad ogni tipo di relazione? La capacità di guardarsi intorno senza pregiudizi alla ricerca di nuove impreviste opportunità? Lungi dall'essere un concetto astratto, è possibile misurare quanto un'azienda riesca ad essere osmotica tra le sue varie parti e con l'ambiente esterno, ovverosia ad evitare ogni abito mentale ed ogni pratica discriminatoria di persone, idee, rapporti ed occasioni.
Quantificare questo parametro può essere utile per capire quanto il management riesca a sfruttare le opportunità impreviste ed “irregolari” offerte dall'ambiente e quanto facilmente le informazioni ed i profili circolino nell'azienda.
Per misurare il livello osmotico di un'azienda occorre valutare, in un orizzonte temporale dato, quale percentuale dei processi vitali della stessa sia avvenuto per vie che possiamo classificare come osmotiche. 

- L'acquisizione dei talenti è avvenuta rigorosamente tramite selezioni o head hunter, oppure si sono colte e valorizzate professionalità di qualità incontrate per vie irrituali?
- I nuovi clienti sono giunti all'azienda necessariamente tramite l'advertising o il passaparola con altri clienti, oppure anche tramite contatti sociali informali?
-  La presenza sui social network, è unicamente affidata ai post dei social media manager sui profili aziendali, oppure dell'azienda parlano e postano i dipendenti, i loro amici, persone che hanno avuto contatti informali con l'azienda o che abitualmente la frequentano?
- Le decisioni sono state prese seguendo vie rigorosamente gerarchiche o sono in parte provenute da ambiti dell'azienda o addirittura esterni ad essa, non istituzionalmente deputati a generarle?