Thursday, September 13, 2018

Battaglia attorno al 5G

di Maria Grazia Cangelli e Salvatore Dimaggio


Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina non sono un mistero per nessuno. Le due grandi economie si fronteggiano imponendo dazi ed immaginando le terribili contromosse dell'altra parte, in un intreccio di storie scritte con i caliginosi caratteri dei regolamenti commerciali e degli standard tecnologici. Ad essere scossa da questa competizione ed è anche la WTO, teatro di ricorsi di ambo le parti che si accusano reciprocamente di pratiche e politiche commerciali poco corrette. Eppure una delle battaglie più grandi e più sofferte, si combatte per un mercato che ancora non esiste, ma che è giustamente giudicato oggettivamente strategico, anzi imprescindibile nei prossimi anni: la connessione 5G. Chi pensasse che il 5G sia semplicemente una connessione che consente a smartphone, tablet e portatili di andare un po' più veloci su internet, sarebbe come il proverbiale uomo che guarda il dito e non la luna. Il 5G con la sua grandissima velocità di connessione e la sua stabilità, consentirà a tecnologie come l'auto a guida autonoma e, più in generale l'Internet of Things, di uscire dalla concept phase ed avviarsi alla produzione. È difficile oggi quantificare l'impatto dell'avvento di nuovi oggetti connessi, d’altra parte, come scriveva William Gibson, “ogni futuro immaginato diventa obsoleto come un gelato che si scioglie mentre uscite dalla gelateria all'angolo”. Di qualcosa, però, possiamo essere ragionevolmente certi: questo impatto sarà enorme. Certamente si creeranno nuovi mercati, nuovi settori merceologici; alcune aziende nasceranno e si imporranno come colossi ed altre faticheranno ad adeguarsi alla produzione di dispositivi che dialogano con altri dispositivi. Oggi è difficile stabilire chi saranno i dinosauri cancellati da questo meteorite tecnologico e quali i mammiferi che ripopoleranno la terra.

In questo settore la Cina sta investendo moltissimo ed è spesso accusata di pompare i dipartimenti Ricerca e Sviluppo delle proprie aziende con occulti finanziamenti pubblici che falserebbero il gioco del mercato a proprio vantaggio. In ballo c'è una tecnologia che in se stessa vale cifre incalcolabili e che è il presupposto di buona parte delle tecnologie che debutteranno nei prossimi anni. È una guerra per accaparrarsi i copyright che poi diventeranno gli standard di questa grande infrastruttura. Di brevetti che consentono la nascita di una nuova tecnologia ce ne sono veramente tanti, centinaia se non addirittura migliaia e le aziende compiono lotte strenue per conquistarli. E’ una gara di biathlon: innanzitutto bisogna brevettare una tecnologia valida, affidabile e conveniente, poi bisogna convincere le autorità internazionali che fissano gli standard ad adottare la propria e non quelle della concorrenza. Tra le varie accuse mosse dalle industrie occidentali a quelle cinesi, ed al governo cinese in se stesso, vi è quella di stare pervicacemente e maliziosamente imponendo tanti nomi del proprio paese nelle autorità internazionali di regolamentazione. Probabilmente la Cina fa suo il fondamentale principio enunciato da Sun Tzu nell'arte della guerra, secondo il quale le guerre vanno vinte prima di combatterle. Ciò di cui la Cina viene accusata è di voler “addomesticare” quelle che saranno le decisioni degli organismi che dovranno stabilire quali saranno gli standard della nuova connessione ultraveloce. Quel che è certo è che attorno a questi organismi internazionali si è giocata, si sta giocando e si giocherà con callidità un'azione di lobbyng estremamente intensa.
Va anche detto che cinesi saranno più della metà degli 1,3 miliardi di abbonati globali a queste reti mobili ad alta velocità entro il 2023, secondo CCS Insight, mentre Stati Uniti ed Europa arriveranno solo 337 milioni di abbonati complessivi. Di conseguenza, è comprensibile che il Paese voglia avere un predominio in questa nuova connessione wireless. 

Ovviamente in tutto ciò, c'è anche in ballo la questione sicurezza: tecnologie cinesi adottate uniformemente come standard, offrirebbero al paese asiatico, non soltanto un predominio commerciale, ma anche la possibilità di accedere a dati riservati di governi o aziende occidentali. All'inizio del 2018 l'amministrazione Trump aveva addirittura avanzato l'ipotesi di una rete 5G completamente sviluppata e gestita dallo stato, per evitare il pericolo del cyberspionaggio cinese. Certamente non ha disteso il clima, l'articolo di Le Monde nel quale veniva raccontato un episodio clamoroso avvenuto ad Addis Abeba nella sede dell'Unione Africana, un modernissimo palazzo donato dalla Cina, già completo di un potente cuore informatico Made in China, nel quale i leader africani due volte all'anno si riuniscono per fare il punto sulle questioni del continente. Alcuni tecnici avevano scoperto un inspiegabile picco di dati in uscita in piena notte quando gli uffici erano vuoti. Dopo gli accertamenti del caso hanno scoperto che dal gennaio 2012 al gennaio 2017 tutti i dati dell'edificio venivano sistematicamente spostati in un misterioso server di Shanghai.

Come si può capire, è una battaglia a tutto tondo e perderla porterà danni significativi per parecchi anni. L'Europa non è estranea a questo confronto. I due campioni europei che possono dire la loro sul 5G sono entrambi scandinavi: Ericsson e Nokia. Un recente prestito da mezzo miliardo di euro dell'Unione Europea a questa seconda azienda sembrerebbe dimostrare che la UE punta soprattutto sul Nokia per realizzare la propria infrastruttura 5G e per non restare tagliata fuori dalla guerra dei brevetti strategici. 

Mentre dagli scarni lacerti di tutti questi intrighi che giungono a noi, cerchiamo di immaginare questo futuro immenso fiume di dati e cerchiamo di indovinare se la maggior parte dei pesci che vi nuoteranno, proverranno dal Mississippi, dal Reno o dal giallo fiume Huang He, quello che sappiamo e che i gestori di telefonia mobile rappresenteranno il letto di questo fiume gorgogliante. E’ facile, dunque, essere indotti a pensare che questi operatori stiano festeggiando. Le cose, tuttavia, non stanno affatto così. La concorrenza nel settore è agguerrita, i margini di profitto sono piuttosto contenuti e c'è all'orizzonte uno spettro giudicato dalle compagnie come terribile. Si tratta di una nuova tecnologia apparentemente banale, ma in grado di scatenare una concorrenza così feroce tra i gestori da ridurne i margini di profitto quasi a zero. Parliamo della cosiddetta eSIM. La eSIM (la “e” sta per embedded, non electronic) è una SIM virtuale, vale a dire che questa tecnologia permetterà di non dover più inserire la SIM fisica che tutti siamo abituati a conoscere nello smartphone, ma si potrà cambiare operatore semplicemente scaricando un’app o modificando le impostazioni dello smartphone. Questo renderà il cambio dell'operatore così facile, così immediato da parte dell'utente, che si arriverà ad una situazione di concorrenza perfetta nella quale la corsa al ribasso delle tariffe potrebbe essere letale per gli operatori stessi. “È sotto l'effetto della paura che si compiono i gesti più inammissibili” scriveva il filosofo bulgaro Cvetan Todorov. In questo caso la tensione è tale da aver spinto i grandi operatori USA a tramare per bloccare la tecnologia eSIM. Almeno questo è quel che sostiene Apple che ha portato la questione innanzi al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.