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Friday, October 5, 2018

Chiacchierata oltreoceano con Alberto Bisin, professore alla NYU, editorialista di Repubblica, ma soprattutto acuto osservatore.

Intervista ad Alberto Bisin, economista italiano, professore alla New York University ed editorialista de La Repubblica, membro di vari istituti: NBER di Boston, CESS di NYU, CIREQ dell’Università di Montreal e IZA di Bonn; è Associate Editor presso varie riviste accademiche internazionali, tra cui Journal of Economic Theory e Economic Theory.

di Maria Grazia Cangelli

Un economista italiano all'estero quali differenze esperisce tra l'università italiana e quella USA?

Quando ho lasciato l'Italia, a fine anni '80 inizio '90, le differenze erano enormi. In economia le università USA (non tutte, ovviamente, ma moltissime) erano centri di ricerca, mentre quelle italiane producevano insegnamento di basso livello e ricerca ancora peggiore (non tutte ovviamente ma la stragrande maggioranza, purtroppo). L'Italia, per varie ragioni, era rimasta culturalmente molto arretrata in termini di pensiero economico (non era stato sempre così, anzi, ma questa è un'altra storia). Le università erano centri di potere, anche e soprattutto politico, i concorsi spesso corrotti, insomma, una pervasiva inefficienza le affossava.

Oggi le cose sono in parte cambiate. Ci sono sacche di ottima ricerca economica in Italia, dappertutto, non solo nelle università che tutti conoscono come la Bocconi. Restano sacche però. C'è anche moltissimo nulla (o peggio). Ho recentemente partecipato alla valutazione dell'università italiana (per economia) e ho visto cose che voi umani.... Le cose peggiori che ho visto comunque sono la difesa delle rendite e degli interessi pre-costituiti da parte della classe accademica, anche da parte di "insospettabili", accademici che rifiutano di farsi valutare con argomenti speciosi (tipo, "le valutazioni non sono perfette", ovvio che non lo sono, e allora?) e politici che temono di perderne il supporto. 

Anche l'insegnamento è spesso migliorato, però. La globalizzazione dell'attività editoriale e la disponibilità di risorse online ha enormemente e rapidamente svecchiato il sistema. Anche la maggiore comprensione dell'inglese (la lingua franca dell'economia) da parte degli studenti ha favorito l'insegnamento (e ha messo fine alla pratica dei testi mal tradotti, quando non in parte copiati,  in italiano). 

Insomma, i germogli ci sono. Ma e' anche pieno di gente che cerca  di calpestarli invece di annaffiarli.

Art by Michela Terzi


Di cosa si occupa la tua ricerca? 

Io nasco come un teorico, economista matematico. Negli anni però i miei interessi si sono ampliati e oggi mi occupo anche di finanza, di teoria delle decisioni comportamentali (behavioral economics), di distribuzione della ricchezza, e sempre di più di temi al confine tra economia e sociologia (cultura, istituzioni, cose così). Non è buona cosa avere interessi cosi' sparsi, ma ormai mi diverto così e così è. 

Dove va la ricerca economica riguardo al decision making process del consumatore?

Molta della ricerca sulla teoria delle decisioni del consumatore oggi riguarda situazioni in cui il consumatore si comporta in modo men che completamente razionale. Per questo oggi lavoriamo a stretto contatto con psicologi e neuro-scienziati. Il metodo è sempre quello  economico, teorie formali (modelli matematici spesso) e test empirici, ma i temi e le questioni sono nuovi e estremamente interessanti. Come spiegare e comprendere  "anomalie" di comportamento, in condizioni di incertezza ad esempio, o nelle scelte che richiedono valutazioni in diversi momenti nel tempo, sono i temi di ricerca più "hot" ed interessanti. 

Che cosa ci dici sulla crisi dei paesi emergenti? C'è un ruolo dei fondi sovrani nell'attuale scenario? Che dire le paure di chi li riteneva players politici oltre che economici?  Si sono attenuate o intensificate?

Ovviamente la crisi è molto seria. Gli economisti in generale non hanno strumenti per prevedere le crisi, ne' per capire bene come si svolgeranno. Ci sono ragioni solide ed importanti perché sia così. Questo non toglie che molti ci provino comunque, solitamente non i più sofisticati. Gli incentivi a farlo sono molto alti. Eviterò quindi. Mi pare, però, utile notare che con la Cina sta succedendo quello che qualche decennio fa è successo col Giappone: commentatori che cantano le lodi del "nuovo sistema economico" nella fase di crescita e che poi scompaiono nella difficile ma necessaria fase di stabilizzazione, quando le cose possono andare male. La Cina - e molti altri paesi  emergenti - hanno economie dinamiche ma piene di squilibri, specialmente corruzione rampante, mercati finanziari distorti, intervento pubblico inefficiente. Su questi blocchi si fermano e lì restano senza appropriate riforme. Difficile dire se riusciranno a superarli, se il loro sistema politico-sociale glielo permetterà. 

Il lavoro di Piketty sulla distribuzione della ricchezza ha monopolizzato per un bel po' il dibattito sul tema, ma quanto ha influito davvero?

Thomas Piketty è un economista sofisticato, un uomo molto intelligente, ma anche un intellettuale motivato in modo determinante da passione ed interessi politici (mi permetto questo giudizio perché lo conosco bene - eravamo assieme a MIT a meta' anni 90 e anche oggi ci si vede a Paris School of Economics, dove sono spesso per lavoro). Il lavoro accademico suo e dei suoi co-autori, ad esempio Emmanuel Saez e Gabriel Zucman, è di assoluta qualità, specie nell'aspetto della elaborazione dei dati. Il libro è stata un'operazione politica abilissima: ha dato giustificazione intellettuale a posizioni che la sinistra europea e anche americana aveva preso e voleva prendere. Di qui il grande successo, il supporto quasi-totale (nonostante quel po' naturale di invidia)  da parte di personaggi come Paul Krugman e Joe Stiglitz in Usa e di tutta l'intellighenzia in Europa. Intellettuali e giornalisti che non distinguono reddito da ricchezza, stock da flussi, sono saltati sul carro eccitati come ragazzini orfani di Occupy Wall Street. Brutto da vedere dall'esterno: la ricerca accademica piegata agli interessi della politica, il sacco indiscriminato di idee e dati operato da intellettuali e giornalisti. Rimane che l'analisi teorica che spieghi cosa sta succedendo alla distribuzione del reddito e della ricchezza, che ne comprenda determinanti e dinamica, è ancora abbastanza di la' da venire, nonostante il dibattito sia dominato da posizioni ideologiche di nessun interesse. Ma si procede, la ricerca su questo tema è molto attiva e non è da escludere che il libro di Piketty abbia avuto un effetto positivo almeno in questo senso.

Thursday, January 7, 2016

La Verdi: Luigi Corbani racconta la sua startup della cultura

Management, organizzazione, sviluppo e innovazione.
Vi raccontiamo la storia dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi  e dell’Auditorium. Ne parliamo con Luigi Corbani, fondatore, direttore generale e profondo conoscitore del panorama musicale italiano e internazionale. Un eccellente ed unico esempio di imprenditorialità culturale milanese.


di Maria Grazia Cangelli

Breve ritratto
Dopo l’università (Scienze Politiche all’Università Statale di Milano) ha studiato il cinese presso l’Università di Pechino. Una passione per la politica e amico personale dell’ex Presidente Napolitano, dal 1971 al 1975 è Consigliere comunale a Bresso, poi capogruppo consiliare a Cinisello Balsamo dal 1975 al 1980. Dal 1985 al 1990 è stato consigliere comunale di Milano, di cui è stato Vice Sindaco e Assessore alla Cultura. Nel 1990 è entrato nel Consiglio Regionale della Lombardia: ha fatto parte dell’Ufficio di Presidenza della Regione, di cui era segretario. È stato poi Assessore alla Cultura della Lombardia. Oggi è il direttore generale dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, conosciuta come la Verdi.
Art by Michela Terzi

MGC- Dott. Corbani, l’Orchestra Verdi e l’Auditorium: ci racconta come e quando comincia questa “start up” della cultura musicale a Milano? 

LC- Agli inizi degli anni ‘90 si chiudevano le orchestre. Chiudeva l’orchestra della Rai, il Coro della Rai e dell’Angelicum. In quel periodo il problema dell’occupazione e delle assunzioni negli enti lirici era molto grave e c’era il blocco della spesa pubblica. La Scala faceva pochi concerti e il Conservatorio organizzava dei pomeriggi musicali con una piccola orchestra. A Milano non c’era un’orchestra sinfonica con una dimensione europea e con un respiro internazionale. In più il numero dei giovani che studiavano musica cresceva sempre di più.

MGC – Quindi tanti studenti senza orchestre!….

LC- Deve sapere che questo è un paese fantastico… Abbiamo 55.000 mila studenti distribuiti nei 98 conservatori italiani e abbiamo meno orchestre della Svizzera, meno orchestre della Finlandia, meno orchestre di tutti gli altri paesi Europei. L’idea iniziale era assolutamente quella di offrire nuovi posti di lavoro ai giovani, creando una nuova orchestra sinfonica.
Un giorno, insieme al mio amico Vladimir Delman e insieme anche a Marcello Abbado, (fratello di Claudio e direttore del Conservatorio di Milano) abbiamo fondato laVerdi. Abbiamo coinvolto una serie di amici e poi cominciato le selezioni sentendo 850 ragazzi. Il 13 novembre del 1993 c’è stato il primo concerto al Conservatorio di Milano. Il Conservatorio era molto caro, per fare le prove e i concerti ci faceva dei prezzi esorbitanti, 800 milioni di lire all’anno. Allora, per risparmiare e cercare di pagare gli stipendi, avevamo trovato un’altra sede per fare le prove, tenendo il Conservatorio solo per i concerti. 
Per alcuni mesi abbiamo fatto le prove in Corso Italia, nell’allora caserma del Reparto Comando del Terzo Corpo d’Armata, ora Scuola militare “Teuliè”. In seguito siamo stati ospitati, sempre per le prove, dal mio amico Fabrizio Ferri nei suoi studi fotografici in via Forcella.

Art by Michela Terzi
MGC- Nel frattempo nessun teatro a Milano si faceva avanti?

LC- Il Comune di Milano, per due anni, ci aveva messo a disposizione il Teatro Lirico che era chiuso e doveva essere ristrutturato. Avevo chiesto di avere il Lirico in gestione, avevo anche trovato gli sponsor per ristrutturarlo e presentato un progetto, che costava circa sette miliardi e mezzo di lire.

MG- Una bella opportunità per il Comune di Milano, tutto pronto e servito su un bel piatto d’argento, anzi diciamo d’oro!

LC- Assolutamente sì, peccato che il Comune non accettò questa proposta (allora il sindaco era Albertini) e mi disse che avrebbe organizzato una gara d’appalto (allora l’assessore al demanio, era Verro che poi ha fatto il parlamentare e il consigliere di amministrazione della Rai, ecc…). 
Io suggerii che l’idea era sbagliata e che avrebbe portato molti ricorsi al Tar e rallentamenti, ma non ottenni nessuna attenzione in merito. Il teatro Lirico è rimasto chiuso dal 1999, anno in cui noi siamo usciti, fino ad oggi, per un totale di oltre vent’anni. La gara era stata assegnata a Longoni dello Smeraldo, che aveva nominato Dell’Utri direttore artistico, ma alla fine il teatro è stato abbandonato. Dopo dodici anni di ricorsi alla magistratura amministrativa, il Comune oggi ha preso finalmente in mano la situazione del Teatro Lirico e nei prossimi mesi cominceranno i lavori di ristrutturazione.

MGC- Oggi il Lirico poteva essere la sede dell’Orchestra Verdi! La solita stolta burocrazia e i soliti meccanismi perversi della politica, che però non le hanno impedito di andare avanti con la sua idea. Quindi arriva sulla sua strada l’Auditorium?

LC- Avevo previsto tutto questo scenario di attese e ricorsi… Dopo vari giri per trovare un altro spazio idoneo, incontrai finalmente una persona (Agostino Liuni) disponibile a darci un teatro (in corso San Gottardo) che era però da ristrutturare completamente. Lui finanziò la ristrutturazione, ponendoci come condizione l’acquisto dei muri del teatro. Gli avevamo sottoposto un bel progetto con la collaborazione di vari architetti. Per dieci anni gli abbiamo pagato un affitto e nel 2008, grazie all’operazione fatta con la Banca Intesa San Paolo, ci siamo comprati i muri. 
Oggi dunque l’Auditorium è di nostra proprietà e ci tengo a sottolineare che è l’unico esempio italiano, che non ha avuto soldi pubblici, ma solo soldi di privati cittadini.

MGC- A mio avviso quest’ultimo passaggio andrebbe gridato, non crede?

Art by Michela Terzi
LC- Sì certo, ma a chi? Io sono qui grazie alla legge Basaglia, quella che ha liberato i manicomi, ricorda?… Quindi io sono libero capisce? Perché creare un’orchestra e promuovere nuovi posti di lavoro in Italia, soprattutto per i giovani, è una cosa da matti! In questo paese si parla di innovazione, di giovani, di cultura di nuovi posti di lavoro e poi non si fa nulla… Tutti vanno in televisione a parlare e a proporre cose che poi non si realizzano mai.

MGC- Dott. Corbani, complimenti! Lei è un bravissimo pazzo in libertà in un paese sordo e cieco! Ma andiamo avanti… Quante sono le orchestre in Italia? Come vi siete organizzati e se ha anche qualche numero da fornirci?

LC- Di vere orchestre sinfoniche ce ne sono quattro in Italia: laVerdi, l’orchestra Rai di Torino, Santa Cecilia a Roma e l’Orchestra Sinfonica Siciliana: questa è la fotografia della realtà italiana nel panorama musicale. Di fatto ogni anno si diplomano 5500 giovani, che poi sono costretti a fare i camerieri o altre attività estive in giro per l’Italia e magari pagati anche in “nero”. Non si sono creati nuovi posti di lavoro.
Noi abbiamo creato ogni anno 150 posti di lavoro a tempo indeterminato cui si aggiungono 700 posizioni a tempo determinato. LaVerdi ha prodotto un reddito per 60 milioni di euro, che vuol dire tasse, occupazione e consumi. Noi siamo nati come privati, grazie al costante impegno dei cittadini. L’impostazione che ci siamo dati è che la voce principale dei ricavi deve essere derivante dall’attività propria, quindi lo sforzo maggiore deve essere dell’ente che deve avere ricavi attraverso abbonamenti, biglietti, sponsor, quote associative e altro. L’intervento pubblico, che esiste in ogni parte del mondo e che può essere diretto, come succede in Italia, Germania, Francia, o indiretto, come succede nei paesi anglosassoni e negli Stati Uniti, deve essere considerato integrativo e aggiuntivo. Lo Stato dovrebbe dare la possibilità a chi dona contributi diretti di avere una diminuzione sulle tasse, così lo sforzo dei privati aumenterebbe. Per ora lo Stato garantisce agevolazioni solo alle strutture pubbliche, nulla agli enti privati. Nonostante queste criticità, sono convinto che la strada del “fund raising” sia da percorrere; per questo, ad esempio, abbiamo lanciato il “Club delle Imprese”, in altre parole un club in cui le imprese partecipano in forma non di sponsor ma di partnership all’attività culturale della Verdi. L’accesso non è riservato solo a colossi ma anche ad aziende di medie dimensioni che hanno esigenze di visibilità e immagine. 
L’intento è di contribuire e provocare un dialogo importante tra economia e cultura un po’ diverso dai soliti schemi. Un altro passo che abbiamo fatto in questa direzione è di inserire la nostra istituzione musicale nel 5x1000: abbiamo avuto negli anni non solo un notevole riscontro, ma abbiamo anche rinforzato il nostro legame con il pubblico che ci sostiene. 
Noi siamo l’attività musicale più produttiva d’Europa, il teatro ha più di 200 mila spettatori l’anno. Siamo primi per l’acustica a livello europeo, abbiamo registrato già 41 dischi, per numerose case discografiche. Nel 2016 ne abbiamo in programma altri 6. Facciamo circa 500 iniziative all’anno di cui 250 sono concerti e  le altre 250 sono le iniziative educative che facciamo per i bambini e per i ragazzi, nell’ambito di un articolato progetto educational. Organizziamo corsi di musica, corsi di canto per gli stonati, andiamo nelle scuole a promuovere la musica in tutte le sue forme.


MGC- Quindi nessun sostegno dallo Stato? Attualmente com’è la situazione?

LC- Dopo aver passato ben tredici ministri alla Cultura, poco attenti alla situazione drammatica del paese nel settore musicale, si è instaurato recentemente un buon rapporto con il ministro Franceschini che ha riconosciuto la Verdi come un’orchestra. Dopo venti anni qualcuno si è accorto di noi …
Prima c’era di mezzo un direttore dello spettacolo che faceva il bello e il cattivo tempo… ora per fortuna è andato via. Con Franceschini stiamo portando avanti dei discorsi interessanti e aspettiamo di vedere gli esiti o eventuali proposte.

MGC- Parliamo dei sostenitori/soci come li chiamate? Come funziona?

LC- I soci sono circa 300 e sono persone fisiche e aziende che in totale in questi anni hanno dato come contributi per l’attività de laVerdi pari a 15 milioni di euro. Ci si può associare partendo da 550 euro, fino ad arrivare a 13 mila euro. Ovviamente, per i grandi sponsor, ci sono una serie di benefit importanti che risultano vincenti anche per la loro comunicazione aziendale esterna e interna.

MGC- Dopo venti anni di lotte qual è un desiderio che vorrebbe vedere realizzato?

LC- Vorrei portare il modello dell’orchestra Verdi in giro per l’Italia, con lo scopo di offrire nuovi posti di lavoro ai tanti ragazzi che studiano nei conservatori di tutto il paese. Vorrei portare le attività musicali in tante regioni, dove non ci sono orchestre sinfoniche, (soprattutto al sud) e in parte lo abbiamo già fatto con lunghe tournée in giro per l’Italia. Gli investimenti culturali sono il futuro, ma nei servizi culturali bisogna crederci. L’introduzione della tecnologia porta comunque una diminuzione dell’occupazione. Di conseguenza dove si può sviluppare l’occupazione? 
Nei settori dei servizi e in primis nel divulgare e portare avanti la cultura.

MGC- Chiederà aiuto al ministro anche per questo?

LC- Prima devo pensare alla Verdi e poi con Franceschini parleremo anche di questo. Noi abbiamo portato laVerdi a Campobasso, Sulmona, Teramo, Messina e a Lamezia Terme. Abbiamo fatto 16 concerti in 20 giorni in giro per l’Italia e abbiamo avuto un enorme successo, questi sono dei segnali molto importanti. Abbiamo fatto un’indagine su quello che produce laVerdi come risultato aggregato: 23 milioni di euro all’anno, considerando tutto l’indotto, diretto e indiretto, i trasporti, la ristorazione, ecc.
Consideriamo anche la riqualificazione di un quartiere dove prima c’era un teatro abbandonato, pertanto gli immobili della zona ora si sono rivalutati. L’attività culturale non è solo un valore in sé, ma va ricordato che produce e crea economia: dove c’è ricchezza c’è cultura. Non si può recuperare un bene culturale senza metterci di fianco un’attività conseguente. L’Expo ci ha insegnato che se si propone qualcosa di giusto le persone rispondono.

MGC- Qualche numero degli spettacoli proposti nel 2015?
LC- Dalle innumerevoli prestazioni che l’Orchestra Verdi offre al pubblico (citiamo solo alcuni numeri nel 2015: una Stagione sinfonica con 64 programmazioni replicate dalle due alle tre volte fino a dicembre 2015, l’Orchestra barocca con 11 concerti, la rassegna “Made in Italy” con 12, la rassegna “Around the World” per Expo 2015 con 14, la rassegna per i più piccoli e le famiglie “Crescendo in musica” con 15, i “Discovery” con 5 e ben 19 concerti straordinari) ci si può rendere conto di quanta passione e dedizione, affiancata al lavoro di preparazione, ci debba essere per poter rispettare la programmazione.
Del resto, sul podio de laVerdi salgono non pochi direttori di prestigio: da Riccardo Chailly, oggi è il direttore onorario, all’attuale  “direttrice” stabile Zhang Xian.
Produciamo anche spettacoli di generi diversi: nel 2016, ad esempio, eseguiremo dal vivo in Auditorium le colonne sonore di alcuni film di successo, film con relativa proiezione in contemporanea sul grande schermo. Primo appuntamento a gennaio con Aleksandr Nevskij, per proseguire con Il Signore degli Anelli Casablanca, Il Padrino, Star Trek e tante altre celebri pellicole.

Monday, December 21, 2015

L'illusione del multitasking

Intervista a Maria Latella: 
Giornalista, già firma politica del Corriere della Sera, poi direttrice del settimanale A, da anni conduce la trasmissione L'Intervista su Sky Tg24, oggi è anche editorialista del Messaggero e ideatrice e conduttrice su radio 24 di "Nessuna è perfetta".
di Maria Grazia Cangelli
Art by Michela Terzi

A ogni fine d'anno, come tutti, Maria Latella si lancia in alcuni buoni propositi per l'anno che verrà. E, come tutti, dodici mesi dopo, verifica che non sempre all'entusiasmo iniziale è corrisposto il mantenimento dei propositi.
Che cosa si è persa per strada nel 2015?
"Confesso: la forma fisica. Nel 2015 ho completamente mollato quel poco di esercizio che prima riuscivo a fare. Ma nel 2016 ho intenzione di rifarmi".

L'abolizione di ginnastica e Pilates è inevitabile per una che, come l'anchorwoman di Skytg24, è sempre in movimento. Maria Latella conduce ogni domenica "L'Intervista" su Skytg24 e sempre di domenica  è ideatrice e conduttrice su radio 24 di "Nessuna è perfetta", dedicato ai temi delle donne e del lavoro. Durante la settimana, poi, fa la spola tra Roma e Milano e scrive per il Messaggero su temi di società, costume con frequenti incursioni nella diplomazia (ultima intervista all'ambasciatrice tedesca, proprio alla vigilia dello scontro Merkel-Renzi) e in terra francese, dove le sue interviste a politici come Marine Le Pen, Rachida Dati o Michel Barnier compaiono con puntualità.
In Francia, infatti, a Parigi, Latella vive parte della settimana. Sposata col pubblicitario inglese Alasdhair Macgregor-Hastie, lo raggiunge nella capitale francese dopo la diretta Sky. Per questo conosce tutti i prezzi e le migliori combinazioni Roma-Parigi e Roma-Berlino (dove vive e lavora la figlia Alice): "I voli lowcost tengono in piedi le famiglie" è uno dei mantra latelleschi.
Oltre ai suoi impegni professionali e alla vita privata da pendolare europea, la giornalista di Sky (già inviata del Corriere della Sera e direttore del settimanale "A"), coltiva passioni  non strettamente legate al giornalismo. Convinta sostenitrice della parità di genere, è da anni impegnata al fianco di Valore D e di tutte le iniziative tese a promuovere il talento delle donne. Segue con particolare dedizione i temi dell'istruzione (ha fatto parte del board Samsung education) e modera spesso i dibattiti sulla formazione degli studenti medi in collaborazione con Confindustria.
Il suo passato di collaboratrice del network americano Nbc le consente di essere sempre in contatto con gli Stati Uniti: è nel board esecutivo del Centro Studi Americani, con il quale un anno fa ha realizzato un grande evento sui media con ospiti come il ceo di Bloomerg media e i direttori di Wall Street Journal e Cbs.

Negli anni 80, giovane giornalista, fu invitata come U.S visitor dall'amministrazione americana e per questo è diventata anche membro dell'associazione Amerigo cui fanno capo gli US visitors italiani, i professionisti che l'amministrazione seleziona per periodi di studio negli USA.
E negli Stati Uniti Maria Latella tornerà, nel 2016, questa volta come docente. Terrà un ciclo di lezioni sulla politica e le campagne elettorali nella prestigiosa università di Chicago, diretta da David Axelrod, forse il comunicatore più famoso del momento e certo il più vicino a Barack Obama.

E' la prima volta da docente?
"Vado spesso a parlare nelle università italiane, ma per la prima volta terrò un ciclo di lezioni in uno stesso ateneo e negli Stati Uniti. Sono felice dell'invito dell'università di Chicago e particolarmente contenta di trovarmi lì in una fase di grande interesse per la campagna elettorale presidenziale. Dal 1988, anno del duello tra Bush padre e il democratico Dukakis, fino alla convention di Denver che incoronò Barack Obama, ho sempre seguito sul posto le campagne elettorali americane".

Il duello stavolta sembra essere tra Hillary Clinton e Donald Trump. Li ha mai incontrati?

"Ho incontrato Hillary Clinton nel '94, quando venne in Italia per il G20. Restai al suo fianco una giornata, confusa tra le first ladies che erano state spedite in pulmino a fare il tour della costiera amalfitana. Credo sia un po' cambiata, da allora: per esperienze private e per i ruoli pubblici, senatrice e segretario di Stato, che si sono aggiunti a quello di first lady. Vedremo se riuscirà ad essere la prima donna presidente degli Stati Uniti".

A parte l'esperienza da docente all'università di Chicago, quali altri progetti per il 2016?

"Tornare a fare ginnastica".

Un po' minimalista, no?
"Sarà un anno impegnativo, e non solo perchè devo tornare in palestra. Sul fronte de "L'Intervista", il programma della domenica che da anni realizzo per Skytg24, il 2016 sarà l'anno della campagna elettorale a Milano, Torino, Bologna, Roma, Napoli. Saranno mesi intensi".

Ormai Skytg24 è casa sua.
"Lavoro con il network dal 2005 ed è stato un crescendo di stimoli. E' un'esperienza che di anno in anno si fa più interessante".

Giornalista multimediale sul serio: tv, Il Messaggero, e ora anche la radio. Dopo anni di collaborazione con Rtl, quest'anno ha esordito su radio 24.

"Più che un esordio, si è trattato di un ritorno. Dieci anni fa, su radio 24, conducevo un programma il sabato mattina. Stavolta, l'ambizione e i temi sono diversi. Cerchiamo di sollecitare ospiti noti al grande pubblico ed esperti dei vari settori, amministratori delegati, imprenditori, coach su problemi concreti che le donne incontrano lavorando: dai rapporti con i colleghi al modo giusto di chiedere un aumento di stipendio. E poi a "Nessuna è perfetta" sogniamo di riuscire a diffondere una certezza".

Quale?
"Che il multitasking è la più grande fregatura inventata contro le donne, costrette a credere che si possono fare bene cinque o sei cose insieme, avendo  contemporaneamente una vita".

Ce l'ha col multitasking, ma ha tre lavori, vive in tre città e a dicembre è diventata pure membro della commissione filatelica del ministero dello Sviluppo economico, dove siedono campioni del multitasking come Gianni Letta e Luisa Todini. Lei predica bene e razzola male.

"Ho intenzione di razzolare meglio e di limitate la mia dipendenza dal multitasking. Diciamo che cercherò la modica quantità mantenendo se possibile la  qualità. Comincio col ridurre il numero delle città. Nel 2016 il progetto è stare di più a Roma e a Parigi. Anche se mi dispiace, ridurrò la presenza a Milano. Ci starò meno ma proprio per questo la vivrò più "intensamente".