Thursday, June 26, 2014

Esordire con un caso editoriale non serve a niente

Paolo Sortino, autore di Elisabeth per Einaudi
Esordire con un caso letterario, cosa determina?
Nulla, nel modo più assoluto pubblicare non porta conseguenze. Lo scrittore oggi non conta per nessuno, se non per lo sparuto gruppo di lettori che lo segue e lo apprezza. Posso dire di aver conseguito un primo risultato importante, eppure non è migliorata la mia condizione finanziaria e vivo male esattamente come prima. Sul piano professionale - anche perché mi manca del tutto la capacità di vendermi - pubblicare nella collana più prestigiosa di Einaudi non mi ha aperto alcuna porta. Sarà che oggi tutti sono "qualcosa e scrittore", giornalista e scrittore, muratore e scrittore, pompinaro e scrittore, ma io che sono solo scrittore non conto nulla nella società. Scrivere e pubblicare risponde a necessità e moti interiori, spirituali. Fuori da questo orizzonte, io per il mondo non esisto. Quella di complicarsi la vita è un'idea che il mondo rigetta. 

A distanza di anni, cosa resta dell'oscurità di Elisabeth?
Dell'oscurità iniziale non mi resta nulla. Ho esplorato e illuminato quella piega del mio essere che mi ero preposto di indagare e raccontare. Ho dato espressione al meglio e al peggio di me stesso. Dunque, quando dalle tenebre si porta alla luce tanto materiale, finisce per esistere solo agli occhi e alla coscienza di chi non si è calato insieme a me durante il lavoro ma se lo ritrova davanti tutto in una volta - ammesso che abbia voglia di misurarsi con la comprensione; mentre per me, che sono sceso e tornato, portarlo alla luce vuol dire vederlo polverizzarsi. Ciò non toglie che quella storia - per come l'ho pensata e scritta - ancora mi commuova ed esalti la convinzione che leggere e scrivere siano modi efficienti di illudermi di stare trascorrendo in modo degno il tempo che ho da vivere. 

I teorici del linguaggio e della narrazione, sono utili all'autore?
Sì, necessariamente. Sebbene io non mi sia più laureato, il corso di studi universitario e quello che mi sono creato come autodidatta mi hanno dato accesso a percorsi formativi fondamentali, tra cui anche lo studio del linguaggio e delle forme letterarie. Sono letture che hanno lavorato dentro di me prendendosi tutto il tempo necessario prima di dare i loro frutti. Non scrivo mai sotto l'influsso di letture recenti, o se lo faccio non me ne accorgo. 

Internet e scrittura ubiqua e diffusa.
Quello del virtuale, comunque si strutturi, dovrebbe essere il mondo delle virtù. Ma la prima virtù di uno scrittore si esprime nel tempo e nella pazienza che decide di dedicare a se stesso e alla composizione delle proprie opere. Internet è ottimo per la diffusione di pensieri già elaborati, nel rispetto della velocità che speriamo li abbia dettati secondo quel frammento di Empedocle (mi pare sia il 135) che li immagina "slanciarsi attraverso il mondo intero". La rete web è già meno utile quando pretendiamo che diventi il luogo designato all'elaborazione dei pensieri, e più in generale al raccoglimento.